v.e.n.t.i giovedì, Nov 30 2006 

La tua forte fragilità
e il mio bisogno di starti accanto
si corrispondono come mare e cielo.

E mi piace, la sera, fermarmi
per ascoltare le tue parole.

Se fossi nato… martedì, Nov 28 2006 



Mi si è assegnato un compito al corso di teatro: comporre e recitare un breve monologo sul tema “Se fossi nato…”. Mi piacerebbe che foste voi i primi a leggerlo e perciò lo pubblico qui, consapevole del fatto che vi state perdendo tutta la mia finezza dicitoria (?), ma tant’è. Attendo fremente qualche commento.




Se fossi nato a maggio, nel mese della rosa e degli amori, oppure in un settembre profumato di uva matura e di grano, di tramonti rosati all’orizzonte, sarei nato sazio. Senza appetiti. Senza sogni. Tutto intento a conservare un’opulenza scontata, gratuita. Geloso, persino superbo. Confinato nella prigione di un desiderio già appagato.
Ma sono nato sotto il cielo dello Scorpione, un cielo bigio e ambiguo nella sua desolazione, con l’umido dei boschi in cui marciscono le foglie e il richiamo inquietante della cornacchia a invadere i campi secchi. Sono nato quando il contadino ritira le vacche nelle stalle, quando la terra che ha dato i suoi frutti dorati viene lasciata a riposare, abbandonata a se stessa e allo strazio del suo ventre violato. Sono nato con una bramosia di primavera, con lo slancio e la protervia di chi non ha ancora, ma sa che l’otterrà. La primavera.

Addio, Philippe venerdì, Nov 24 2006 


Ti ricordo soprattutto nei panni di Pablo Neruda, al fianco del nostro Troisi. Non so dove sia ora Massimo, né verso quale meta ti sia incamminato tu. Ma ti auguro buon viaggio, di cuore. Grazie.

La luce come metafora di dio venerdì, Nov 24 2006 

Battistero di Cremona, interno, 2003

Vorrei giovedì, Nov 23 2006 

Vorrei averti sempre con me, specie quando fa freddo
Vorrei che tu smettessi di sognare in bianco e nero
Vorrei poterti suonare come un violoncello

Vorrei starti ad ascoltare quando sei arrabbiata

Vorrei innamorarmi solo quando ne vale la pena
Vorrei convincermi del fatto che ne vale sempre la pena
Vorrei cantare il canto delle tue mani
Vorrei capire chi sei veramente
Vorrei assomigliarti di più
Vorrei recitarti tutte le poesie che non ho ancora scritto
Vorrei starti a guardare mentre dormi
Vorrei che i tuoi occhi fossero per me
Vorrei essere per te sole e luna, notte e giorno
Vorrei contare i tuoi capelli uno ad uno per poi stupirmi dell’immensità dell’universo
Vorrei consumarmi nella tua tenerezza

(Alejandro Senn)

Quando gli elefanti combattono venerdì, Nov 17 2006 

dal biglietto di auguri dei miei amici.

Grazie.

d.i.c.i.a.n.n.o.v.e lunedì, Nov 13 2006 


Potessi scavare
con queste mani
che tu conosci
il tuo petto geloso
e riposarmi
nel melograno aperto
della tua bocca.

Francesco, deh portaci un po’ di veleno! venerdì, Nov 10 2006 


La gola è pronta per il vino, tesa per cantare a squarciagola. Ma è del suo veleno, soprattutto, che abbiamo bisogno in questi tempi di rassegnato sopore. Stasera “il candido e poetico Guccini” (come lo chiamava Lauzi in una sua canzone) verrà a portar la sua gustosa bevanda forte di poesia, umorismo tagliente e denuncia incazzata in quel di Milano. L’elefantino e i suoi amici sono in fremente attesa per l’imminente serata di festa.


L’avvelenata
(Francesco Guccini, 1976)

Ma s’io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, le attuali conclusioni
credete che per questi quattro soldi, questa gloria da stronzi, avrei scritto canzoni?
Va beh, lo ammetto che mi son sbagliato e accetto il “crucifige” e così sia,
chiedo tempo, son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato…

Mio padre in fondo aveva anche ragione a dir che la pensione è davvero importante,
mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato conta più d’un cantante:
giovane e ingenuo io ho perso la testa, sian stati i libri o il mio provincialismo,
e un cazzo in culo e accuse d’arrivismo, dubbi di qualunquismo, son quello che mi resta…

Voi critici, voi personaggi austeri, militanti severi, chiedo scusa a vossìa,
però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia;
io canto quando posso, come posso, quando ne ho voglia senza applausi o fischi:
vendere o no non passa fra i miei rischi, non comprate i miei dischi e sputatemi addosso…

Secondo voi ma a me cosa mi frega di assumermi la bega di star quassù a cantare,
godo molto di più nell’ubriacarmi oppure a masturbarmi o, al limite, a scopare…
se son d’umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie:
di solito ho da far cose più serie, costruire su macerie o mantenermi vivo…

Io tutto, io niente, io stronzo, io ubriacone, io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista,
io ricco, io senza soldi, io radicale, io diverso ed io uguale, negro, ebreo, comunista!
Io frocio, io perché canto so imbarcare, io falso, io vero, io genio, io cretino,
io solo qui alle quattro del mattino, l’angoscia e un po’ di vino, voglia di bestemmiare!

Secondo voi ma chi me lo fa fare di stare ad ascoltare chiunque ha un tiramento?
Ovvio, il medico dice “sei depresso”, nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento.
Ed io che ho sempre detto che era un gioco sapere usare o no ad un certo metro:
compagni il gioco si fa peso e tetro, comprate il mio didietro, io lo vendo per poco!

Colleghi cantautori, eletta schiera, che si vende alla sera per un po’ di milioni,
voi che siete capaci fate bene a aver le tasche piene e non solo i coglioni…
Che cosa posso dirvi? Andate e fate, tanto ci sarà sempre, lo sapete,
un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate!

Ma s’io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, forse farei lo stesso,
mi piace far canzoni e bere vino, mi piace far casino, poi sono nato fesso
e quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare:
ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto!

Bush trombato in camera mercoledì, Nov 8 2006 


George Walker Bush trombato in camera! Che sia l’inizio di un nuovo Sex Gate? Lo farebbe pensare anche l’ambiguità del termine ‘bush’ (cespuglietto) che nel gergo americano può assumere significati piuttosto licenziosi.
Quel che è certo è che gli americani hanno ora una grande occasione di rispedire a casa il più grande terrorista dei nostri tempi. Il più grande bugiardo. Il grande sanguinario che ha sempre ragione.
Forse torneremo a un presidente dal sigaro facile; ma è forse meglio e certo meno noioso di un bigotto tradizionalista che si fa trombare in camera.


Queste navi in bottiglia scivolate via venerdì, Nov 3 2006 


Capita che uno si svegli una mattina e si accorga di avere trent’anni sulle spalle. L’autunno è già una stagione di ripensamenti e bilanci, crisi esistenziali, rivoluzioni interiori, senza che ci si debba mettere un compleanno a cifra tonda, acciderbolina!
Uno cerca di non farci caso, anche se il pensiero lo perseguita già da almeno due anni. Uno prova a far finta di niente. Cerca di non farlo sapere a nessuno. Ma non c’è niente da fare. Il fatidico giorno si presenta ed è straordinariamente puntuale, come ogni anno.
E allora pensi al libro che da sempre avresti voluto scrivere, alla montagna che da sempre avresti voluto scalare, alla donna che da sempre avresti voluto avere, alla canzone, la canzone perfetta e assoluta, che da sempre sei stato convinto di poter scrivere. E ti accorgi di non aver fatto nessuna di queste cose e lo sconforto è una cosa che mette un brivido freddo, che parte dai piedi e, conquistato tutto il corpo, ti mette freddo.
Provi a fare una lista di quel che sei comunque riuscito a fare, tenti una top-five dei tuoi successi e ti accorgi che dei pochi che ti son venuti in mente quasi nessuno è definitivo. Son successi a metà, son più che altro aspetti del carattere che ti sei costruito e che devi mantenere con pazienza e sacrificio. Sono relazioni con le persone che hanno bisogno di continuo nutrimento perché non avvizziscano. E sogni e desideri che si cerca di realizzare giorno per giorno.
Sono navi in bottiglia scivolate via.


Intorno a trent’anni
(Mimmo Locasciulli, 1982)

Fuori c’è un tempo da cani
la pioggia ha chicchi grandi come noci
meglio stare a casa la sera
a guardare la televisione

Un bicchiere ti rimette la pace
io non ho voglia più di fare la guerra
con una città che sa menare le mani
e con un pugno ti stende per terra.

E siamo noi che abbiamo intorno a trentanni
che abbiamo girato l‘Europa e l’America
e adesso siamo stanchi.
Siamo noi che quando riparte il treno
ci riprendiamo la giacca ci mettiamo il cappello
e ci troviamo lì.

C’è una ragione precisa
se c’è una pietra sopra il cuore che pesa
e non è un fatto di moglie non è un fatto di figli
non è quello che puoi pensare

Sto dalla parte dei ladri
che stanno dentro perché l’hanno traditi
che fanno finta che si sono pentiti
però ci basta uno sguardo e già ci siamo capiti.

E siamo noi che abbiamo intorno a trentanni
che abbiamo rubato l’Europa e l’America
con le nostre mani.
E siamo noi che quando riparte il treno
ci riprendiamo la giacca ci mettiamo il cappello
e ci vediamo lì.

Sole che nasce e che muore
su questa storia senza più parole
che raccontiamo con presentimento
in un tramonto di fuoco senza un filo di vento.
Verranno giorni di pioggia
verranno giorni di malinconia
tra gli aquilotti che hanno messo le piume
e queste navi in bottiglia scivolate via.

E siamo noi…